In condominio
  Vie legali I parte
 

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L’INSTALLAZIONE DI APPARECCHI RADIO-TELEVISIVI

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 12295 del 21/08/2003, ha affermato che il diritto di installazione di apparecchiature radio-televisive, in base all'art. 1 della legge n. 554 del 1940, è un diritto soggettivo perfetto, di natura personale, condizionato solo nei riguardi degli interessi generali, ma non nei confronti dei proprietari obbligati. Per questi ultimi la legge stabilisce che l'installazione non impedisca, in alcun modo, il libero uso della proprietà secondo la sua destinazione, né arrecare danni alla proprietà medesima.  

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LA SOPRAELEVAZIONE DI NUOVI PIANI

La Cassazione, sezione II, con sentenza n°7956 del 21/05/2003, stabilisce che Il diritto di sopraelevare nuovi piani o nuove fabbriche spetta al proprietario esclusivo del lastrico solare ai sensi e con le limitazioni previste dall'art. 1127 c.c., dovendo in detta ipotesi essere corrisposta agli altri condomini l'indennità prevista da detta norma, essendo irrilevante a quest'ultimo fine l'eventuale edificazione in assenza di concessione edilizia.

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…E SE IL CONDOMINIO E’ ASSENTE?

Quando in un verbale viene indicata erroneamente la presenza di un condomino invece assente cosa succede per quanto riguarda gli effetti sulla delibera appena presa? Tale ostacolo non costituisce vizio invalidante della delibera, purché, anche togliendo la presenza del suddetto condomino, non vengano meno né il quorum costitutivo, né quello deliberativo. Quanto sopra è stato stabilito dal Tribunale civile di Milano, sez. VIII, con sentenza del 19 ottobre 2004, n. 11896.

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 L'AMMINISTRATORE FIDUCIARIO

Il Tribunale civile di Napoli, sezione III, ha stabilito che la presenza dell'amministratore fiduciario, protratta per diversi anni a causa del mancato raggiungimento del quorum deliberativo per la riconferma in carica, legittima i condomini interessati a proporre ricorso al tribunale camerale perché deputi l'amministratore giudiziario.

  locazioni

 CONTRATTO DI LOCAZIONE CON DURATA SUPERIORE A QUELLA MINIMA

 In tema di locazione di immobili per lo svolgimento di una delle attività indicate nell'art. 27 della legge n. 392 del 1978, la Corte di Cassazione, Sez. III, con sentenza n°1596 del 26 gennaio 2005 afferma che la iniziale pattuizione di un termine di durata del contratto superiore a quella minima di legge non esclude l'applicabilità della disciplina del rinnovo alla prima scadenza di cui al successivo art. 28, con la conseguenza che è affetta da nullità, ai sensi dell'art. 79 della legge n. 392 del 1978, la clausola diretta a limitare la durata della rinnovazione sino al compimento di una complessiva durata di anni dodici. (L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 27; L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 28; L. 27 luglio 1978. n. 392. art. 79).

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 IL POTERE DI IMPUGNAZIONE DEL SINGOLO CONDOMINO

Pubblichiamo una sentenza della Corte di Cassazione, Sez. II, del 4 maggio 2005, n° 9213  relativa alla possibilità comunque riconosciuta al singolo condomino di agire individualmente per la tutela dei propri diritti nonostante la presenza di un organo assembleare. Il condominio essendo un ente di gestione di personalità distinta da quella dei suoi partecipanti, l'esistenza dell'organo rappresentativo unitario non priva i singoli condomini del potere di agìre a difesa di diritti connessi alla detta partecipazione, nè, quindi, del potere di intervenire nel giudìzio per il quale tale difesa sia stata legittimamente assunta dall'amministratore del condominio e di avvalersi dei mezzi d'impugnazione per evitare gli effetti sfavorevoli della sentenza pronunziata nei confronti dell' amministratore stesso che non l'abbia impugnata. Tale principio non trova applicazione relativamente alle controversie aventi ad oggetto non i diritti su di un servizio comune, bensì la gestione di esso, ed intese, dunque, a soddisfare esigenze soltanto collettive della comunità condominiale, o l'esazione delle somme dovute in relazione a tale gestione da ciascun condomino, nelle quali non v'è correlazione immediata con l'interesse esclusivo d'uno o più partecipanti, bensì con un interesse direttamente collettivo e solo mediatamente individuale al funzionamento ed al finanziamento corretti dei servizi stessi, onde in tali controversie la legittimazione ad agire e, quindi, anche ad impugnare, spetta in via esclusiva all'amministratore, la mancata impugnazione della sentenza da parte del quale esclude la possibilità d'impugnazione da parte del singolo condomino.

  condominio

LE SPESE PER LE LITI CONDOMINIALI

Con sentenza del 15 maggio 2006, n. 11126, la Corte di Cassazione ha dichiarato nulla la delibera adottata dall'assemblea condominiale, nella parte in cui si determina la quota delle spese legali addebitata a una condomina, ritenendo ritualmente manifestato il dissenso della resistente rispetto alla lite medesima deliberata dall'assemblea. Tale disaccordo per così dire “formale” concilia l'interesse del gruppo con quello del singolo titolare di interessi contrastanti, riconoscendo a quest'ultimo il diritto di sottrarsi agli obblighi derivanti dalle deliberazioni assunte sul punto.

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IL MURO DI CONFINE

Chi, proprietario, edifica un muro interamente presente sul suolo di sua proprietà, è tenuto, poi, alla manutenzione in caso di degrado causato dall'umidità. Il vicino confinante, invece,  deve autorizzare l'accesso nel suo fondo per l'esecuzione della manutenzione. Quanto sopra con sentenza del Tribunale civile di Milano, sez. X, del 24 gennaio 2004, n. 1121

  assemblea

OBBLIGO DI PREVENTIVA INFORMAZIONE DEGLI ARGOMENTI POSTI ALL'ORDINE DEL GIORNO

La Corte di Cassazione, sez. II civile, con sentenza n. 63 del 9 gennaio 2006 ha stabilito che l'obbligo di preventiva informazione, con l'avviso di convocazione, dei condomini in ordine al contenuto degli argomenti posti all'ordine del giorno della convocata assemblea risponde non ad esigenze di astratto rigore formale, ma alla finalità di far capire ai convocati, anche sinteticamente, il contenuto degli argomenti da esaminare, in modo da consentire la partecipazione, diretta o indiretta, con cognizione di causa alla relativa deliberazione. Tutto ciò implica l'infondatezza di censure al riguardo, che si risolverebbero in mere doglianze formali, in tutti quei casi in cui il condomino sia comunque risultato sufficientemente informato dell'oggetto dell'argomento da trattare.

 

RIPARTO SPESE CONDOMINIALI: DELIBERE NULLE E ANNULLABILI

Cass. civ., sez. II, 21 luglio 2006, n. 16793

 Per quanto riguarda il riparto delle spese condominiali, le delibere sono nulle se l'assemblea, al di fuori delle proprie attribuzioni, modifica i criteri di riparto stabiliti dalla legge (o in via convenzionale da tutti i condomini), mentre sono annullabili, nel caso in cui i suddetti criteri vengano violati o disattesi. È, quindi, annullabile e non nulla la delibera che esclude dal riparto delle spese per lavori straordinari e di manutenzione dell'impianto di riscaldamento una unità immobiliare sull'erroneo presupposto che essa non sia allacciata all'impianto centralizzato.

  LA MANCATA INDICAZIONE NOMINATIVA DEI CONDOMINI

 Trib. civ. Verona, sez. III, 22 giugno 2004, n. 1818

 La mancata indicazione nominativa dei condomini contrari e di quelli favorevoli, in un verbale d’assemblea, con le rispettive quote millesimali, e l'omessa verbalizzazione del quorum raggiunto, non fanno venire meno la validità della delibera assembleare assunta, nei casi in cui, da un'analisi complessiva della stessa e dei suoi allegati, sia comunque possibile desumere il raggiungimento della maggioranza richiesta, mediante una semplice sottrazione aritmetica dei millesimi facenti capo ai condomini dissenzienti analiticamente indicati, e in assenza di astenuti.

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SOSPENSIONE DELLA DELIBERA ASSEMBLEARE

Il provvedimento di sospensione della delibera assembleare che serve ad impedire che l’esecuzione della delibera illegittima possa vanificare il giudizio che ha ad oggetto proprio l’accertamento di tale illegittimità, riveste “natura cautelare”, con la conseguenza che, da una parte, è necessario accertare i requisiti del “fumus boni iuris” e del “periculum in mora” e, dall’altra parte, è applicabile, in quanto compatibile, il procedimento cautelare uniforme di cui agli artt. 669 bis ss. c.p.c. Quanto sopra è stato pecisato dal Tribunale di Torino con ordinanza del 05/06/2006

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I VIZI DELLA COSA LOCATA

Quali sono vizi che possono comparire nell'appartamento dato in locazione? In base all'art. 1578 c.c., sono quelli che incidono sulla struttura materiale della cosa, alterandone l'integrità in modo tale da impedirne o ridurne notevolmente il godimento secondo la destinazione contrattuale, anche se sono eliminabili e si manifestano successivamente alla conclusione del contratto. Possiamo non comprendervi, quindi, quei vizi i guasti o deterioramenti della stessa dovuti alla normale usura dovuta all'effetto tempo o ad accadimenti accidentali (come il cattivo funzionamento degli scarichi e la difettosa tenuta dei pluviali e delle tubazioni idriche). Quando ciò succede, esiste l’obbligo del locatore di provvedere alle riparazioni ai sensi dell’art. 1576 c.c., in caso contrario si ha inadempimento contrattuale.

Quanto sopra è stato stabilito dalla Cassazione civile, sezione III, con sentenza del 18 aprile 2006 n. 8942.

  questioni legali

 

 

 

CONSIGLI PRATICI PER GLI ACQUISTI

        Per evitare sgradevoli sorprese

Un sopralluogo prima dell’acquisto dell’immobile, diventa quanto mai necessario; senza pensare alla malafede, chi vende l’immobile potrebbe “dimenticarsi” d’informare il compratore su eventuali vizi dell’immobile. Verificare, poi, di persona che tutti gli impianti funzionino; avvalersi, anche, dell’aiuto di un esperto, in particolare modo su questo punto è importante dire questo:prima di acquistare l’immobile è importante verificare, sempre con l’aiuto di un esperto, se sull’immobile gravino particolari oneri quali quello della servitù,ipoteche,domande giudiziali l’immobile possa rientrare nei piani di regolamentazione oggetto di esproprio da parte del Comune.Tali oneri sono verificabili presso la
Conservatoria del Registro. In ogni caso, dal momento in cui il compratore ha scoperto difetti, può chiedere innanzitutto una perizia per valutare il danno e quanto occorre per ripararlo; se già il venditore lo aveva informato sui vizi, allora nulla potrà pretendere il compratore, in quanto l’immobile era già stato acquistato in quel modo. Se, però, è sicuro della malafede della controparte, dovrà rivolgersi subito ad un legale, se vuole intentare un’azione giudiziaria

 

Tributi sulla casa

TASSE SULLA CASA: UNA FORESTA DI OBBLIGHI!

Ci siamo occupati, in precedenza, della situazione attuale in tema di imposte sulla casa, nel caso di vendita, con particolare riferimento alle plusvalenze che si formano in caso di vendita. Quali sono, però, i balzelli che il proprietario si trova di fronte per il solo fatto di possedere una casa? Ecco, in sintesi, il punto della situazione:

fabbricati in generale: otto per cento di imposta di registro, due per cento di imposta ipotecaria, uno per cento di imposta catastale, Invim a carico del venditore nonché Irpef se si tratta di rivendita “speculativa”, cioè per fini di lucro;

prima casa: quattro per cento di imposta di registro, imposta ipotecaria e catastale in misura fissa (£ 250.000), Invim ridotta alla metà;

terreni: quindici per cento di imposta di registro, due per cento di imposta ipotecaria, uno per cento di imposta catastale, “Invim” normale. Nel caso in cui acquisti un coltivatore diretto, le imposte di registro e ipotecaria sono pari all’importo fisso di £ 250.000 mentre l’imposta catastale è pari all’1%;

beni storici: l’imposta di registro è pari al 4%, le imposte ipotecaria e catastale sono pari al 3%, l’Invim è pari ad un quarto.

Giova ricordare che quanto detto sopra vale nel caso che le operazioni immobiliari siano compiute da un soggetto che non abbia la partita IVA; in caso contrario le imposte di registro, ipotecaria e catastale sono pari alla misura fissa di £ 250.000 in quanto già la vendita o l’acquisto dell’immobile è assoggettato all’aliquota Iva del dieci per cento o alla misura ridotta se si tratta di prima casa.

 LA PAROLA ALL'ESPERTO!!

 Quando viene convocata l’assemblea?

L’art. 1135 del Codice Civile stabilisce che l’assemblea è convocata per l’approvazione del preventivo spese,

del rendiconto della gestione, per l’utilizzo del residuo attivo e per le spese straordinarie.

L’art. 66 delle Disposizioni di Attuazione del Codice Civile sostiene che l’assemblea può essere convocata inoltre,

in via straordinaria, dall’amministratore o da almeno due condomini che rappresentino un sesto del valore dell’edificio.

 Quando l’assemblea è validamente costituita?

L’art. 1136 stabilisce che l’assemblea è validamente costituita quando intervengono condomini che rappresentano

i due terzi del valore dell’intero edificio e i due terzi dei partecipanti al condominio. Sono, inoltre,

valide le delibere approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno

la metà del valore dell’edificio.

 Cosa succede all’Assemblea, se non c’è, alla prima convocazione, il numero legale?

Viene convocata in seconda battuta l’Assemblea, non oltre, però, dieci giorni dalla convocazione della prima.

La delibera, in quest’ultimo caso, è valida se presa con un numero di voti che rappresenti un terzo dei partecipanti

al condominio e almeno un terzo del valore dell’edificio. Da ricordare che per deliberare le innovazioni che rendono

più comodo o migliorano o danno un maggior valore all’edificio, è necessario un numero di voti che rappresenti

la maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del valore dell’edificio.

 E’ valida un’assemblea dove qualche condomino non è stato invitato?

Secondo l’art. 1136 penultimo comma del Codice Civile, no.

  questioni legalicondominio 

    COMPRARE A SCATOLA CHIUSA…QUALI RISCHI?

I problemi dei vizi occulti dell’immobile

In questo numero affrontiamo i problemi che si pongono quando l’acquirente di un immobile, dopo l’acquisto, si trova a tu per tu con vizi ignorati al momento della compravendita. Un esempio sono le infiltrazioni d’acqua, pareti scrostate, infissi mal posti ecc. Come regolarsi in questi casi? Dobbiamo innanzitutto rifarci al Codice Civile, il quale parlando del contratto di compravendita, stabilisce che il venditore deve fornire la garanzia contro i difetti ed i vizi, in generale, del bene venduto; se, dunque, tali vizi emergono in seguito, a risponderne dovrà essere il venditore, provvedendo a sue
spese alla riparazione, oppure praticando un prezzo di vendita minore. Teniamo conto, però, che tali vizi potrebbero insorgere dopo, senza che il venditore stesso li conoscesse. Come regolarsi in questo caso?

questioni legali

   IL PARERE DEL CODICE CIVILE

               Gli artt. 1490 e segg.

Il Codice Civile già stabilisce come si deve comportare il compratore che si trova davanti ad un bene acquistato in cui sono presenti dei vizi, ma distingue due casi: quello in cui il venditore ha taciuto in malafede e quello in cui ha già avvertito il compratore della presenza dei vizi suddetti. L’art. 1491del Cod. Civ. così recita: “Non è dovuta la garanzia se al momento del contratto il compratore conosceva i vizi della cosa; parimenti non è dovuta, se i vizi erano facilmente riconoscibili, salvo, in questo caso, che il venditore abbia dichiarato che la cosa era esente da vizi”. Il compratore, dunque, dev’essere sicuro che il vizio non sia di quelli così semplici da individuare da escludere ogni “ingenuità” nell’acquisto (perdite d’acqua, pareti scrostate, macchie d’umidità, infissi); se si tratta, invece, di vizi strutturali, dov’è richiesta una certa conoscenza o competenza tecnica, allora ci si può far rilasciare dal venditore una garanzia. In ogni caso, il compratore, in base all’art. 1494 del Cod. Civ., ha diritto ad ogni pretesa risarcitoria nei confronti del venditore, se quest’ultimo non prova di aver ignorato i vizi del bene. A questo punto nasce spontanea la domanda: ma l’azione giudiziaria è necessaria oppure no? Se il venditore ha già riconosciuto i difetti del bene, offrendo la propria collaborazione per una pronta risoluzione del guasto o del difetto (ad esempio chiamando un tecnico per la riparazione) problemi non si pongono, altrimenti si passa alle vie giudiziarie.

IL RISARCIMENTO CORRE SUL FILO DELLA VELOCITà

               Veloci nella denuncia del vizio!

 Chi ha acquistato una casa dove ci sono vizi d’origine e ritiene di essere stato ingannato, deve denunciare il vizio entro otto giorni dalla scoperta; l’azione per il risarcimento dev’essere, in ogni caso, esercitata entro un anno dalla consegna. Così stabilisce l’art. 1495 del Codice Civile: “Il compratore decade dal diritto alla garanzia, se non denunzia i vizi al venditore entro otto giorni dalla scoperta […]” … “La denunzia non è necessaria se il venditore ha riconosciuto l’esistenza del vizio o l’ha occultato” […]  “…il compratore, che sia convenuto per l’esecuzione del contratto, può sempre far valere la garanzia, purché il vizio della cosa sia stato denunziato entro otto giorni dalla scoperta e prima del decorso dell’anno dalla consegna”; il rispetto di questi termini è importante, in quanto, se non rispettati, comportano per il compratore la decadenza da ogni pretesa.

 

LA CONVOCAZIONE DELL’ ASSEMBLEA 
 

Il Tribunale Civile n. 136 del 10 febbraio 2003 ha stabilito che l'irregolarità dovuta al mancato inserimento di un argomento nell'ordine del giorno comunicato per la convocazione dell'assemblea non può essere fatta valere da quel condomino che, senza eccepire alcunché, abbia accettato la discussione sul merito delle questioni trattate.

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RICORSO PER DECRETO INGIUNTIVO E LA COPIA DEL VERBALE DI ASSEMBLEA

Il Tribunale ordinario di Verbania, con decreto 24 gennaio 2005 ha stabilito che va respinto il ricorso per decreto ingiuntivo, richiesto per il pagamento di spese condominiali, quando manca l’allegato al fascicolo di parte ricorrente di copia conforme all'originale del verbale di assemblea dal quale risulti l'approvazione dello stato di ripartizione dei contributi condominiali, dal momento che tale prova scritta non può essere giammai costituita da copia del verbale dichiarata conforme all'originale dall'amministratore perché questi non è dotato di alcun potere certificativo al riguardo.

giudice di pace

 COMPETENZA DEL GIUDICE DI PACE IN MATERIA CONDOMINIALE

 La controversia giuridica relativa all'apertura verso l'esterno di una porta di accesso dal pianerottolo all'appartamento di proprietà di un condomino, non rientra fra le cause relative alla misura e alle modalità di uso dei servizi condominiali, attribuite dall'art. 7 terzo comma n. 2 c.p.c. al giudice di pace. Essa ha ad oggetto la tutela, ex art. 1102 c.c., del diritto al pari uso della cosa comune ed alla libertà del comodo e sicuro passaggio per il pianerottolo, ed è quindi conferita alla cognizione del tribunale. E’ quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, Sezione II, con sentenza n° 8376 del 21 aprile 2005.

condominio

 RIPARTIZIONE SPESE DI MANUTENZIONE E RIPARAZIONE DEL SOLAIO

La Cassazione Civile, sezione II, con sentenza n. 1225 del 28 gennaio 2003, ha stabilito che per la divisione delle spese di manutenzione o ricostruzione del solaio divisorio comune, dal proprietario del piano sovrastante nei confronti del proprietario di quello inferiore o viceversa, non sussiste la necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di altri soggetti e, specificamente, del condominio, in quanto il rapporto dedotto in giudizio è afferente solo alla titolarità del diritto di proprietà dei piani divisi dal solaio.

 

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IL CONDOMINIO HA OBBLIGO DI CUSTODIA NEI CONFRONTI DEI CONDOMINI

 

Corte di cassazione, sez. III civile - sentenza 30 ottobre 2007, n.2288

 

Il Condominio risponde a titolo di responsabilità da cose in custodia per i danni derivanti ai condomini, qualora non sia offerta la prova liberatoria del caso fortuito. L’imprudenza del danneggiato non esclude la responsabilità, ma può essere valutata ai fini dell’art. 1227 I comma c.c. La prevedibilità dell’insidia in ragione della conoscenza dello stato dei luoghi non consente di attribuire l’evento lesivo al fatto del danneggiato con conseguente esclusione della responsabilità del custode ex art. 2051 cc; il comportamento imprudente del danneggiato potrà al più rilevare ai fini dell’applicazione della regola di cui all’art. 1227 cc comma 1. Nella fattispecie un condominio è inciampato sul gancio, inserito in uno dei gradini della scala che mette in comunicazione il cancello d'ingresso con l'androne dell'edificio, normalmente utilizzato per ancorare il paletto che blocca l'anta sinistra del cancello di ingresso. Nell'occasione, il paletto era stato sganciato ed entrambe le ante del cancello erano aperte poiché era in corso un trasloco.

 

condominio

 

L'AMMINISTRATORE NON È LEGITTIMATO A STIPULARE IL CONTRATTO DI ASSICURAZIONE DEL FABBRICATO SE NON È AUTORIZZATO

 

Cass., sez. II, Sentenza 3 Aprile 2007 , n. 8223

 

La Corte con sentenza 3 Aprile 2007 , n. 8223 ha chiarito che
" L'amministratore di Condominio non è legittimato a concludere il contratto d'assicurazione del fabbricato se non abbia ricevuto la autorizzazione da una deliberazione dell'assemblea dei partecipanti alla comunione.
A questa conclusione deve pervenirsi per la decisiva ed assorbente considerazione che la disposizione dell'art. 1130 c.c., comma 4 obbligando l'amministratore (l'amministratore deve compiere) ad eseguire gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio, ha inteso chiaramente riferirsi ai soli atti materiali (riparazioni di muri portanti, di tetti e lastrici) e giudiziali (azioni contro comportamenti illeciti posti in essere da terzi) necessari per la salvaguardia dell'integrità dell'immobile, tra i quali non può farsi rientrare il contratto d'assicurazione, perché questo non ha gli scopi conservativi ai quali si riferisce la norma dell'art. 1130 c.c., ma ha come suo unico e diverso fine quello di evitare pregiudizi economici ai proprietari dell'edificio danneggiato."

compravendite

 

LA TUTELA DELL'ACQUIRENTE IN CASO DI VENDITA DI IMMOBILE ABUSIVO

Cass. civ., sez. II, 28 febbraio 2007, n. 4786

Questa sentenza è importante in quanto chiarisce cosa deve fare l’acquirente in caso di vendita d’immobile fraudolenta. La sentenza n. 4786 del 2007 specificare che, in caso di vendita di immobile parzialmente abusivo, non si applica la generale azione di garanzia per vizi, ma trova modo di operare la disciplina specifica prevista dall'art. 1489 c.c..Se l’immobile è realizzato in difformità della licenza edilizia, non è ravvisabile un vizio della cosa, non vertendosi in tema di anomalie strutturali del bene, ma trova applicazione l'art. 1489 c.c., in materia di oneri e diritti altrui gravanti sulla cosa medesima, sempre che detta difformità non sia stata dichiarata nel contratto o, comunque, non sia conosciuta dal compratore al tempo dell'acquisto, ed altresì persista il potere repressivo della P.A. (adozione di sanzione pecuniaria o di ordine di demolizione), tanto da determinare deprezzamento o minore commerciabilità dell'immobile. Quando mancano i presupposti di cui sopra, non è possibile riconoscere all'acquirente la facoltà di chiedere la riduzione del prezzo.

 

 

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SENZA ABITABILITÀ NON C’È NULLITÀ DELLA LOCAZIONE

Cass. civ., sez. III, 24 ottobre 2007, n. 22312

Quando un alloggio è abusivo per mancanza di abitabilità ed è dato in locazione, non c’è nullità del contratto locatizio, in quanto il vizio di cui sopra non influisce sulla liceità dell'oggetto del contratto ex art. 1346 c.c. (che riguarda la prestazione) o della causa del contratto ex art. 1343 c.c. (che attiene al contrasto con l'ordine pubblico). Non opera, fra l’altro, la nullità ex art. 40 della legge n. 47 del 1985 (che riguarda solo vicende negoziali con effetti reali): ne consegue l'obbligo del conduttore di pagare il canone anche con riferimento ad immobile avente i caratteri suddetti.

 

 

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DISSENSO DEI CONDOMINI, LE LITI CONDOMINIALI

Trib. civ. Bologna, sez. III, 12 ottobre 2007, n. 2618

In tema di dissenso alle liti, l'operatività dell'art. 1132 c.c. non va oltre l'esonero del condomino dissenziente dall'onere di partecipare alla rifusione delle spese di giudizio in favore della controparte, nell'ipotesi di esito della lite sfavorevole per il condominio; la norma lascia, tuttavia, immutato l'onere di partecipare alle spese affrontate dal condominio per la propria difesa.

 


LA RINNOVAZIONE DEL CONTRATTO DI LOCAZIONE 


Cass. civ. Sez. III, 24-08-2007, n. 17995

La rinnovazione del contratto di locazione, benchè abbia ovviamente effetto dalla data della prima scadenza, quante volte dipenda dalla mancata disdetta entro un certo termine, trova la sua fonte nella legge che regola il rapporto al momento in cui quel termine scade ed è per converso impedita dalla manifestazione di una contraria volontà del locatore, secondo le regole poste dalla disciplina vigente al momento in cui quella volontà viene manifestata. Da quell'atto negoziale del locatore (o dalla mancanza di quell'atto in relazione alla disciplina legale), alla cui scelta è in definitiva correlata la sorte del contratto, esclusivamente dipende l'effetto impeditivo della prosecuzione del rapporto ovvero la rinnovazione del contratto, il cui presupposto e dunque in ogni caso legato ad una situazione definitivamente cristallizzatasi alla data di scadenza del termine per la comunicazione della disdetta da parte del locatore. Costituisce infatti principio generale che, salve espresse disposizioni derogatorie da parte del legislatore, le condizioni di efficacia e gli effetti di un atto sono disciplinati dalla legge in vigore al momento in cui esso è adottato, al pari degli effetti della sua mancanza.

 

IL CONDOMINIO MINIMO

Cass. civ., sez. II, 19 luglio 2007, n. 16075

La disposizione dell'articolo 1105 del c.c., relativa all'amministrazione della comunione in generale, è sì applicabile al condominio di edifici, in forza della norma di rinvio, di cui all'articolo 1139 del c.c., ma solo nel caso di condominio cosiddetto minimo, costituito da due soli condomini, per il quale non è obiettivamente applicabile l'apposita disciplina dell'articolo 1136 del c.c., che richiede maggioranze qualificate anche con riferimento al numero dei condomini.

 

 

condominio

 

ATTENZIONE ALLE NOTIZIE SUI CONDOMINI MOROSI

 

CORTE DI CASSAZIONE Sez. V, 26 settembre 2007, n. 35543

Pubblichiamo, in questo numero, un’importante pronuncia della Corte di Cassazione sulle modalità di affissione dell’elenco dei condomini morosi.

 

"L'efficacia scriminante del diritto di cronaca e di critica non riguarda solo l'attività di scrittori, giornalisti, anchorman televisivi ecc., ma anche quella del comune cittadino cui, indubbiamente, la Costituzione lo riconosce; tuttavia la rilevanza della notizia non sempre è assoluta, ma a volte riferibile a un ristretto ambito nel quale la sua diffusione è funzionale al corretto svolgimento delle relazioni interpersonali e dei rapporti sociali. Così, come correttamente rileva la corte di appello, se la censura relativa alla condotta dei condomini morosi e ai conseguenti provvedimenti assunti e da assumere fosse rimasta confinata nell'ambito condominiale (es. mediante l'invio del verbale agli aventi diritto assenti e/o l'affissione del comunicato in ambiente accessibile solo ai condomini), la diffusione della relativa informazione sarebbe stata certamente scriminata.
Tuttavia, poiché la predetta notizia è stata portata - mediante affissione nella bacheca collocata «in luogo aperto a un numero indeterminato di persone» - potenzialmente a conoscenza anche di soggetti nei cui confronti nessun valore funzionale poteva avere, va da sè che l'elemento oggettivo del delitto ex art. 595 c.p. deve ritenersi compiutamente integrato, non ricorrendo alcuna ragione socialmente valida per ritenere scriminato il comportamento diffamatorio.
Il consenso (implicitamente o esplicitamente) prestato all'affissione in bacheca del documento non può non comportare che anche della lesione della reputazione dei congiunti del condomino i ricorrenti debbano essere ritenuti responsabili (ovviamente anche sul piano risarcitorio)."

 

 

condominio

 

L’AVVISO DELL’ASSEMBLEA CONDOMINIALE

CORTE DI CASSAZIONE Sez. II, 10 ottobre 2007, n. 21298

Quando si convoca l'assemblea condominiale, affinché l’informazione data sia corretta e la relativa delibera sia valida, ex artt. 1136 e 1105 terzo comma c.c., è sufficiente che, nell'avviso di convocazione della medesima, gli argomenti da trattare siano indicati nell'ordine del giorno in termini chiari, essenziali e il più possibile comprensibili, senza necessità di prefigurare lo sviluppo della discussione ed il risultato dell'esame dei singoli punti da parte dell'assemblea.

  

condominio

 

BONIFICO BANCARIO PER PAGARE IL CANONE DI LOCAZIONE 

Trib. civ. Padova, sez. II, 12 febbraio 2007, n. 2471

Quando, pur a fronte di clausola contrattuale che preveda la corresponsione del canone mediante bonifico bancario, il locatore fin dall'inizio del rapporto e per oltre 3 anni abbia instaurato la prassi di recarsi mensilmente presso la residenza del conduttore per ritirare la somma, il mancato pagamento di 4 mensilità del canone non può ascriversi a colpa dell'affittuario (né può costituire inadempimento alle obbligazioni nascenti dal contratto) laddove il proprietario, oltre a non presentarsi più, non abbia neppure provveduto a comunicare le coordinate bancarie necessarie per l'esecuzione del bonifico (non già specificate nel contratto).

 

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L'ASSEMBLEA CONDOMINIALE TRA FAMILIARI

 

Cass. civ. sez. II, sentenza n. 8449 del 1/04/2008

"In materia di condominio degli edifici, per l'avviso di convocazione dell' assemblea, obbligatorio per tutti i condomini ai fini della sua regolare costituzione, non è previsto alcun obbligo di forma che il relativo invito a partecipare debba rivestire, tanto che, secondo la giurisprudenza di questa Corte e la prevalente dottrina, la comunicazione può essere fatta anche oralmente, in base al principio di libertà delle forme, laddove queste non siano prescritte dalla legge o convenute dalle parti, ai sensi degli artt. 1350 e 1352 c.c., ovvero, in materia di condominio, quando tale principio non sia derogato dal regolamento che imponga particolari modalità di notifica, in mancanza delle quali l'assemblea non può essere ritenuta regolarmente costituita;
qualora sia accertata, in sede di merito, l'esistenza di una prassi (correttamente intesa come regolare ripetersi di comportamenti precedentemente accettati nello svolgimento di analoghi rapporti) in base alla quale l'avviso di convocazione di assemblea condominiale, destinato ad uno dei condomini non abitanti nell'edificio condominiale, viene consegnato ad altro condomino, suo congiunto, tale prassi, contrariamente a quanto opinato dal giudice di appello, non può ritenersi illegittima, in base al principio di diritto enunciato sopra, con la conseguenza che l'avvenuta consegna dell'avviso di convocazione al congiunto, deve ritenersi regolare essendo l'atto - recapitato in tal guisa e pervenuto nella sfera di normale ed abituale conoscibilità del destinatario - idoneo a creare nello stesso una situazione giuridica di oggettiva conoscibilità con l'uso della normale diligenza, sua e del consegnatario designato, conforme alla clausola generale di buona fede, che regola i rapporti giuridici intersoggettivi ed impedisce, rendendolo illegittimo ed immeritevole di tutela, ogni abuso di diritto."

 locazioni

 CONDUTTORE: RECESSO ANTICIPATO IN ASSENZA DI SICUREZZA

Cass., Sez. civile III, Sentenza 30 Ottobre 2007, n. 22886

In tema di locazioni, è legittimo il recesso anticipato del conduttore , laddove la cosa locata non sia in regola con la normativa sulla sicurezza degli edifici. Non importa che il conduttore fosse a conoscenza delle suddette irregolarità, perché trattandosi di norme imperative non possono essere derogate dalle parti.

 

condominio

 

LA NOTIFICA DI UN ATTO CONDOMINIALE

Cass. civ., sez. II, 16/05/2007 n. 11303

Qualora la notifica di un atto indirizzato al condominio non avvenga nelle mani dell'amministratore, può essere validamente fatta nello stabile condominiale soltanto nel caso che in esso si trovino locali destinati allo alla gestione ed allo svolgimento dellle cose e dei servizi comuni, - come la portineria - idonei, come tali, a configurare un «ufficio» dell'amministratore, dovendo, in mancanza, essere compiuta presso il domicilio privato di quest'ultimo.

 

 

condominio

 

ALTERARE LO STATO DI FATTO O LA DESTINAZIONE DELLA COSA COMUNE - ESPERIMENTO DELL'AZIONE DI REINTEGRAZIONE

Tribunale di Bergamo – sezione distaccata di Grumello del Monte – Ordinanza 4 ottobre 2007

La Suprema Corte ha, infatti, precisato che nel condominio degli edifici le parti comuni formano oggetto, a favore di tutti i condomini, di un compossesso pro indiviso il quale si esercita diversamente a seconda che le cose siano oggettivamente utili alle singole unità immobiliari cui siano collegate materialmente o per destinazione funzionale (suolo, fondazioni, muri maestri, oggettivamente utili per la statica) oppure siano soggettivamente utili nel senso che la loro unione materiale o la destinazione funzionale ai piani o porzioni di piano dipende dall'attività dei rispettivi proprietari (portone, anditi, scale, ascensore ecc); nel primo caso l'esercizio del possesso consiste nel beneficio che il piano o la porzione di piano (e, per traslato, il proprietario) trae da tali utilità, nel secondo caso si risolve nell'espletamento della predetta attività da parte del proprietario ( cfr: Cass., Sez.2, Sentenza n. 16496 del 2005).
Pertanto il possesso delle parti comuni, inteso come esercizio di fatto corrispondente al contenuto del diritto, si atteggia diversamente secondo che le cose, gli impianti ed i servizi offrano una “oggettiva utilità“ o un “utile soggettivo”.
Dalla diversità ontologica tra l’utilizzazione obbiettiva e il godimento soggettivo scaturiscono, pertanto, differenti modalità di esercizio del possesso. Mentre relativamente alle cose suscettibili di godimento soggettivo il possesso si esercita tramite attività personali, nel caso di utilità oggettiva l'esercizio del possesso consiste nel puro fatto che il proprio piano o porzione di piano beneficia senza contrasti delle utilità offerte ( cfr: Sez. 2, Sentenza n. 855 del 26/01/2000).
Ciò premesso, la Corte di Cassazione ha applicato, condivisibilmente, il menzionato affievolimento probatorio soltanto in casi di utilità oggettiva ovvero laddove l'utilità prodotta da talune parti comuni in favore delle unità immobiliari derivava soltanto dall'unione materiale o dalla destinazione funzionale delle cose, degli impianti e dei servizi comuni, costituendo, perciò, un risultato oggettivo, indipendente da qualsivoglia attività personale dei condomini ( ad es: suolo su cui sorge l’edificio condominiale, fondazioni, muri maestri, facciate, tetti e i lastrici solari).
In particolare la Cassazione ha precisato che non è necessaria la specifica prova del possesso “di detta parte (riferendosi ad muro di cinta nel quale un condomino aveva aperto varco) quando risulti che essa consista in una porzione immobiliare in cui l'edificio si articola” (Cass., Sez. 2, Sentenza n.16496 del 05/08/2005) oppure laddove si tratti di beni che non hanno una autonomia rispetto all'edificio, riferendosi all’eliminazione di una parte del muro comune operata da un condomino ( Cass. 13 luglio 1993 n. 7691) o ancora riguardo al suolo su cui sorge l’edificio che non consente lo svolgimento di alcuna attività personale, ma offre una utilità meramente oggettiva con la conseguenza che il possesso può consistere soltanto nel fatto (oggettivo) di beneficiare del sostegno del proprio immobile (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 855 del 26/01/2000).
Pertanto nel caso di specie, considerate le esposte caratteristiche dell’area in esame – materialmente distinta dal complesso condominiale e non funzionalmente destinata, per le sue caratteristiche, a servire oggettivamente piani o porzioni di piano - appare evidente che il possesso invocato dal condominio non si estrinsechi in alcuna forma di godimento statico del bene che possa beneficiare dell’invocato affievolimento probatorio.

 

 

condominio

 

LA DELIBERA D’APPROVAZIONE DEL PIANO DI RIPARTO DI LAVORI DI RISTRUTTURAZIONE CONDOMINIALI

Trib. civ. Roma, sez. V, 18 maggio 2005, n. 11446

La delibera assembleare relativa all'approvazione del piano di riparto di lavori di ristrutturazione condominiali che non contenga alcuna specificazione né in ordine alla natura della spesa, alle singole voci e al suo ammontare e, né in relazione ai criteri di riparto adottati, deve ritenersi nulla.
Ciò perchè si rende impossibile qualsiasi tipo di controllo da parte dei condomini sulla legittimità delle spese addebitate e sulla misura della quota di contribuzione.

 

 
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